Quando la bellezza diventò politicamente scorretta

La bellezza salverà il mondo, diceva Dostoevskij. E in effetti il mondo non sembra andare molto bene, forse un segno di questo periodo storico è anche l’atteggiamento verso la bellezza. La bellezza nell’arte, la bellezza delle persone: ci sono ambiti in cui “essere bello” è considerato disdicevole, quasi che la bellezza significasse “stupidità.” Dire ad una bimba che è bella è considerato scorretto, diseducativo, dire ad una donna bella che è bella è maschilismo, dire a un uomo che è bello significa sottovalutarne le capacità. Perché la bellezza fa così tanta paura? La bellezza spaventa perché rivela una nostra inadeguatezza, di fronte alla bellezza degli altri ci sentiamo spauriti, disarmati, e allora l’aggressività si scatena e i meccanismi di esclusione si animano ferocemente. La bellezza è accettata se è la bellezza delle modelle, delle attrici, qualcosa di lontanissimo dal nostro quotidiano, relegato in una sorta di “Olimpo”, un ghetto per ricchi, belli e famosi. Oppure se la bellezza è volgarizzata, orientata al consumo sessuale: ma la bellezza come modalità d’essere di qualcun altro che è più vicino, no, quella non è facile da accettare. Un’educazione al bello nell’arte e nella musica, aiuta anche ad accogliere la bellezza negli altri e degli altri, a vedere la nostra e a comprendere quanto potrebbe essere trasformativa quest’esperienza di accoglienza, scevra da desideri distruttivi.