Educare al rispetto

“Avevi una percezione di te stesso come essere forte, ora invece ti senti piccolo e debole. La folla è un gigante, dal grande collettivo peso e dall’enorme capitale di esperienze, si erge ora di fronte a te, corpo unico e solidale nella sua resistenza e divisa, al contempo, in innumerevoli paia di gambe e di mani, sormontate da teste piene di idee ed esigenze segrete. Quant’è difficile per il nuovo educatore di una classe o di un internato in cui i bambini sono stati tenuti sotto eccessivo rigore; nauseati e insolenti a causa di una disciplina troppo severa, si sono organizzati come briganti. Quando, con uno sforzo collettivo, si scontrano con la tua volontà che cerca di fare barriera, quanto sono forti e pericolosi–non sono più bambini, ma una furia. Quante rivoluzioni nascoste, sulle quali l’educatore preferisce tacere; è una vergogna ammettere di essere più deboli di un bambino. Una volta acquisito, userà qualsiasi metodo per reprimere e governare. Basta con le confidenze e gli scherzi innocenti; vietato rispondere a monosillabi, scrollare le spalle; proibiti i gesti ostili, i silenzi ostinati, gli sguardi corrucciati. Bisogna estirpare alla radice, bruciare nelle fiamme della vendetta: questa sfrontata mancanza di sottomissione. L’educatore corromperà i capibanda concedendo loro qualche privilegio, sceglierà i propri confidenti, punirà senza tener conto della giustizia, ma severamente–per dare l’esempio, deciso a spegnere quanto prima la più piccola scintilla di rivolta, affinché, nemmeno nei pensieri, questa temibile folla osi dettare la propria volontà o scatenarsi. La debolezza del bambino può risvegliare la nostra tenerezza; la forza del gruppo, invece, indigna e offende. Esiste l’erronea opinione secondo cui la gentilezza renderebbe insolenti i bambini, e che la risposta alla dolcezza siano il disordine e l’insubordinazione. Però, vi prego, non chiamiamo bontà la nostra negligenza, la nostra inettitudine e l’ottusa stupidità. Tra gli educatori, oltre ai furbetti brutali e ai misantropi, incontriamo anche dei buoni a nulla, che nessuno vuole, incapaci di ricoprire un qualunque incarico di responsabilità.”

J. Korczak

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